Secondo la leggenda, la città sarebbe stata fondata da Ercole al ritorno dall’Iberia.
Fu greca d’origine e di nome. Il suo impianto urbanistico, infatti, richiama quello di Neapolis per Decumani e Cardi.
Ercolano, fin dal VI secolo a.C. fu sotto Cuma e Napoli, più tardi sotto i Sanniti.
Dopo aver partecipato alla rivolta contro Roma, fu occupata da un legato di Silla nell’89 a.C. accogliendo una colonia di veterani e perdendo ogni autonomia.
Solo poche iscrizioni parietali in dialetto osco fanno pensare al periodo sannitico, mentre varie iscrizioni romane testimoniano la presenza di un collegio degli augustali e di un ricco patriziato.
Il terremoto del 62 d.C. danneggiò edeifici pubblici e privati.
La ricostruzione non era ancora completata quando la città fu travolta e seppellita dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Un’informe massa di materiale eruttivo scese lungo le pendici della montagna come un’immensa fiumana. Lava commista a fango, per la sua consistenza liquida,occupò ogni spazio e, solidificando, divenne un banco di roccia tufoide , diseguale per resistenza e composizione, compatto alto dai 12 ai 25 metri.
Nonostante in zona era stato costruito l’abitato attuale, il ricordo di Ercolano non si era perduto nel tempo.
Nel 1709, il principe austriaco d’Elboeuf, generale di cavalleria del Regno di Napoli, fece scavare un pozzo nei terreni di una sua villa e s’imbatté nel muro della scena del Teatro.
Con pozzi e corridoi scavati nel banco tufaceo, esplorò la scena e l’orchestra del teatro asportando quanto di prezioso gli veniva sotto mano. Nel 1738, per ordine del re Carlo di Borbone , iniziarono gli scavi regolari.
Lo scavo seguiva la stessa tecnica degli scavi di d’Elboeuf sotto la direzione dell’ingegnere militare spagnolo Alcubierre Esecutori dello scavo erano maestranze locali detti i “cavamonti”. Con nl’esplorazione della grandiosa Villa dei Papiri (1750-65), furono recuperati il prezioso tesoro di sculture in bronzo e la biblioteca dei papiri.
Nel 1755 fu fondata la Reale Accademia Ercolanese che pubblicò otto volumi riguardanti le pitture, i bronzi e i papiri rinvenuti negli scavi. Dal 1828 gli scavi finalmente adottarono il metodo dello scoprimento portando in luce parte di due isolati.
Gli scavi continuarono anche con i Savoia. Solo a partire dal 1927, con Amedeo Maiuri lo scavo divenne sistematico e regolare, fino a riportare in luce buona parte della città.